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  • Stefano Squitieri

"La regina degli scacchi": il femminismo da movimento socio-culturale a gioco.

Aggiornamento: 30 lug 2023

Gli scacchi non sono altro che il filo conduttore dei tre temi sui quali verte la serie Tv creata da Scott Frank e Allan Scott: femminismo, alcolismo e solitudine.

Prima di parlare dei contenuti mi soffermerei su alcuni aspetti che ho apprezzato davvero tanto

come la scenografia, i costumi e la fotografia.

Questi tre elementi rendono grazia ad un contesto statunitense di metà '900, precisamente anni '50 e '60, di cui ho adorato gli ambienti, le luci e i colori, frutto di un lavoro accurato.

In particolare tra i vari ambienti mi è piaciuto molto il contesto domestico di Beth Harmon, interpretata da una fantastica Anya Taylor-Joy; non da meno sono alcuni alberghi e istituti che ospitano Beth durante i suoi viaggi per le competizioni scacchistiche.

La sceneggiatura è impeccabile, la trama principale si intreccia in maniera perfetta con diverse sottotrame.

I dialoghi tra Beth e la madre adottiva, Mrs. Alma Wheatley (Marielle Heller), sono spesso spunto di riflessione sulla condizione di quegli anni della donna e di alcuni aspetti psicologici della vita.

Ho apprezzato molto il personaggio di Mrs. Wheatley che incarna a pieno i tre temi principali sopracitati. Sarà proprio lei a spingere Beth verso la strada dell'emancipazione dalle convenzioni sociali e del successo in un gioco principalmemente maschile e maschilista.

Beth non è solo un personaggio ben riuscito, è anche l'idea di femminismo che inizia a concretizzarsi all'interno di una società partendo da una comunità, quella degli scacchi.

In questa serie i registi hanno abilmente trasformato il femminismo da movimento socio-culturale a gioco. C'è forte simbolismo nel gesto della stretta di mano, un gesto che contraddistingue ogni incontro, il quale sembra sottolineare una sorta di accettazione da parte degli scacchisti della nuova condizione dettata dal talento di Beth.

Lo stesso Walter Stone Tevis, autore del romanzo "The Queen's Gambit" (1983) a cui si ispira la serie, ha affermato: "La mia opera è un tributo alle donne intelligenti. Mi piace Beth per il suo coraggio e la sua intelligenza. In passato, molte donne hanno dovuto nascondere il cervello, ma non oggi".

Diverso spazio è dedicato anche al tema dell'alcolismo.

Dell'alcol fu vittima proprio l'autore del romanzo ma non il suo personaggio, Beth.

Mrs. Wheatley, in preda alla solitudine e a diversi insuccessi sentimentali, conduce Beth sulla strada dell'alcolismo.

Il desiderio del bere diventa via via più intenso rischiando di mettere a repentaglio la sua travolgente ascesa nel mondo degli scacchi internazionali, ma saranno i diversi amici a salvare la campionessa dal baratro. Su tutti segnalo uno strepitoso Harry Melling che ricorderete nei panni di Dudley Dursley, il celebre cugino babbano, nella saga di Harry Potter.

Infine, il tema della solitudine espresso attraverso la storia delle due madri di Beth, biologica e adottiva, e dei vari percorsi, dall'orfanotrofio alla scuola pubblica fino ai diversi momenti della sua carriera scacchistica. La solitudine sembra non abbandonare mai la protagonista, perfino nei momenti di successo, in diversi momenti sembra ereditaria. Ma la giovane scacchista a differenza delle madri sembra accettare e saper convivere con la sua condizione, in alcuni momenti sembra desiderarla.

A fare da sfondo musicale alla solitudine è una vera e propria perla sotto forma di citazione: il brano eseguito da Mrs. Wheatley "Gymnopédie n. 1, Lent et douleureux" (clicca sul brano per ascoltarlo) composto da uno dei miei compositori preferiti, Erik Satie.

Basterebbe il solo brano a rappresentare perfettamente il mood dell'intera serie che mi sento assolutamente di consigliare.



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