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  • Stefano Squitieri

Romulus: una rivisitazione del mito che non convince

Aggiornamento: 30 lug 2023

Ho accolto con grande entusiasmo la notizia di una serie Tv incentrata su una delle più belle e famose leggende della storia di Roma: la fondazione dell'urbe, il mito di Romolo e Remo.

Entusiasmo generato forse da un eccessivo marketing da parte di Sky che ha creato qualche aspettativa di troppo verso una serie che a mio avviso non è riuscita a rispettare.

Matteo Rovere, dal mio punto di vista, è già reduce dal fallimento de "Il primo re" (film del 2019) ambientato nel 753 a.C. , anno della fondazione di Roma, in cui mette in scena una prima rivisitazione del mito incentrata sullo scontro fratricida.

Molto nobile e davvero apprezzabile il tentativo da parte del regista di "riprovarci" con una serie TV.

Da specificare che Matteo Rovere è il produttore della trilogia "Smetto quando voglio" del regista salernitano Sidney Sibilia, trilogia che ho apprezzato tantissimo.

Con Sibilia ha fondato la casa produttice Groenlandia che ha prodotto con Sky e Cattleya: Romulus.

Dopo questa breve introduzione, passiamo ad analizzare cosa ha funzionato e cosa no in questa serie tv.

Apprezzabile, come in "Gomorra: la serie", la colonna sonora dei Mokadelic. Ottimo anche il lavoro per quanto concerne scenografia e costumi, frutto di un'attenta analisi e studio antropologico di quel periodo storico.

Vincente la scelta di utlizzare, come d'altronde per "Il primo re", la lingua protolatina come lingua originale.

La fotografia riesce a regalare qualche affascinante panoramica, ma nulla che abbia realmente lasciato il segno.

A non convincere sono, forse gli aspetti più importanti: sceneggiatura, cast e montaggio.

La sceneggiatura è improntata sulla scelta registica di stravolgere il mito in quello che resta un punto nevralgico e interrogativo per gli storici: da chi discendono Romolo e Remo?

Il regista gioca sulla figura femminile di Rea Silvia, madre dei due gemelli secondo le fonti storiche più autorevoli: Tito Livio e Plutarco. La stessa figura, è definita, da Virgilio, Ilia nell'Eneide e anche dallo storico Dionigi di Alicarnasso, in Antichità romane. Dunque rappresentano la stessa donna, la figlia di Numitore, re di Alba, nonchè la nipote di Amulio che ambisce ad essere re al posto del fratello uccidendo appunto i diretti eredi: Romolo e Remo, i figli di Rea Silvia.

Il regista crea una nuova figura femminile nella scissione di Rea Silvia e Ilia, rendendo quest'ultima la figlia di Amulio, il quale storicamente non ebbe eredi. Si narra che fece seppellire viva Rea Silvia dopo aver partorito Romolo e Remo, i quali secondo la leggenda nacquero dal rapporto tra Rea Silvia e il dio Marte.

La donna dopo il parto, per evitare che lo zio Amulio uccidesse i suoi figli, gli eredi al trono di Alba, li affida al Tevere in una cesta, il resto è leggenda.

Purtroppo, questo stravolgimento storico non regge.

La giovane attrice che impersona Ilia rappresenterebbe il vero deus ex machina della serie, ma non risulta credibile agli occhi dello spettatore, in special modo dopo la seduzione/formazione con Marte.

Il cast in genere non riesce a rendersi credibile, specialmente in alcune figure chiave.

La serie sembra soffrire di "non protagonismo".

Piuttosto, ho apprezzato la performance di alcuni attori/ruoli che non sono candidati a protagonisti come Spurius (Massimiliano Rossi, Zecchinette in Gomorra, la serie) e Gala (Ivana Lotito, Azzurra, moglie di Genny Savastano in Gomorra, la serie).

L'effetto di "non protagonismo" potrebbe nascere dalla scelta di un cast troppo 'leggero' per un mito così importante, oppure, da una vera e propria scelta registica.

Ma, se si trattasse di una vera e propria scelta registica non risulterebbe coerente con quello che è un montaggio molto lento, sterile e che non impreziosisce in nessun modo la trama.


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